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cittadinanza italiana - cittadinanza per naturalizzazione - Cons. St., sez. III, 20 marzo 2019, n. 1837

Cittadinanza – diniego – riconoscimento – pena pecuniaria per guida sotto sostanze stupefacenti – valutazione delle circostanze in concreto. Cons. St., sez. III, 20 marzo 2019, n. 1837, commento a cura dell’Avv. Silvia Albanese.

Fatto. Omissis propone ricorso al Consiglio di Stato avverso la sentenza del Tar Lazio, che ha rigettato il ricorso di impugnazione del decreto del Ministero dell’Interno, con il quale era stata respinta l’istanza di concessione della cittadinanza italiana sul presupposto che il richiedente fosse stato in passato condannato per guida in stato di ebbrezza per uso di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 187, comma 1, d.lgs. 30.4.1992 n. 385).

Decisione. Il Consiglio di Stato accoglie il ricorso.

A sostegno della decisione militano due motivazioni.

In primo luogo, il Collegio evidenzia che “l’allarme sociale e il particolare disvalore rispetto ai principi fondamentali della convivenza all’interno dello Stato provocati dal reato di guida in stato di ebbrezza”, richiamati dai giudici di prime cure per respingere il ricorso, mancano nel provvedimento ministeriale (oggetto del giudizio) che ha respinto la domanda volta ad ottenere il riconoscimento della cittadinanza per naturalizzazione ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f), della l. n. 92 del 1991.

In altri termini, si tratta di una motivazione postuma del tutto assente nel decreto ministeriale: in tale provvedimento, infatti, si constatava meccanicamente la mancata coincidenza tra l’interesse pubblico e quello del richiedente alla concessione della cittadinanza italiana sul rilievo che la condotta del richiedente fosse indice di inaffidabilità e una non compiuta integrazione nella comunità nazionale.

Il decreto, peraltro, veniva emanato senza considerare le circostanze del caso concreto e senza tener conto dell’avvenuta riabilitazione del ricorrente.

In secondo luogo, il Collegio ritiene di non condividere la sentenza del TAR nemmeno nel merito: la guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze psicotrope, pur costituendo una condotta illecita sanzionata a livello contravvenzionale dagli artt. 186 e 187 del codice della strada, non può ritenersi in sé ostativa al riconoscimento della cittadinanza, soprattutto ove sia intervenuta la riabilitazione.

Occorre, al contrario, una valutazione incentrata sulle concrete modalità della condotta e che esamini compiutamente se le circostanze del caso denotino un effettivo sprezzo delle più elementari regole di civiltà giuridica, o piuttosto se costituisca un isolato episodio, non ascrivibile ad un atteggiamento antisociale.

Ne deriva che la pubblica amministrazione non possa, nel negare il riconoscimento della cittadinanza per naturalizzazione richiesto ai sensi dell’art. 9 della l. n. 92 del 1991, fondare il proprio giudizio di mancato inserimento sociale sull’astratta tipologia del reato e sulla sua pericolosità, anch’essa astratta, senza apprezzare tutte le circostanze del fatto concreto.

Ciò non significa, a detta del Collegio, che la riabilitazione sia un elemento da solo sufficiente a giustificare il riconoscimento della cittadinanza italiana, ma al contrario, la valutazione non può esimersi da una considerazione in concreto del fatto, delle sue modalità, del suo effettivo disvalore come anche della personalità del soggetto.

Passando all’esame del caso di specie, il Consiglio di Stato chiarisce che il decreto ministeriale fosse del tutto privo di una valutazione concreta della adesione o meno dello straniero ai valori dell’ordinamento; non si può, infatti, desumere solo dalla tipologia del reato, non rientrante tra le fattispecie delittuose ostative previste dall’art. 6, comma 1, della l. n. 91 del 1992, poiché una simile valutazione integrerebbe unaforma di automatismo ostativo mascherato da una motivazione stereotipa”.

Ne consegue che, a fronte di tale grave difetto motivazionale, il provvedimento di diniego debba essere annullato, e la pubblica amministrazione debba nuovamente valutare l’effettiva pericolosità dello straniero senza preconcetti e immotivati apriorismi in presenza di una qualsivoglia condanna penale e sulla base dei criteri definiti dal Collegio.

Pertanto, il Consiglio di Stato accoglie l’appello del ricorrente e riforma la sentenza impugnata, con il conseguente annullamento del decreto ministeriale che aveva negato la cittadinanza italiana.

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