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Rc auto - Perdita di un congiunto

30 Ottobre 2009 - Rc auto - Perdita di un congiunto La perdita di una persona cara implica necessariamente una sofferenza morale, la quale non costituisce un danno autonomo, ma rappresenta un aspetto - del quale tenere conto, unitamente a tutte le altre conseguenze, nella liquidazione unitaria ed omnicomprensiva - del danno non patrimoniale. Ne consegue che e' inammissibile, costituendo una duplicazione risarcitoria, la congiunta … (Corte di Cassazione Sezione 3 Civile Sentenza del 25 settembre 2009, n. 20666)

Rc auto - Perdita di un congiunto - la perdita di una persona cara implica necessariamente una sofferenza morale, la quale non costituisce un danno autonomo, ma rappresenta un aspetto - del quale tenere conto, unitamente a tutte le altre conseguenze, nella liquidazione unitaria ed omnicomprensiva - del danno non patrimoniale. Ne consegue che e' inammissibile, costituendo una duplicazione risarcitoria, la congiunta attribuzione come si richiederebbe nel caso in esame -, al prossimo congiunto di persona deceduta in conseguenza di un fatto illecito costituente reato, del risarcimento a titolo di danno da perdita del rapporto parentale e del danno morale, inteso quale sofferenza soggettiva, costituente, in realta', soltanto un aspetto del piu' generale danno non patrimoniale (Corte di Cassazione Sezione 3 Civile Sentenza del 25 settembre 2009, n. 20666)

Corte di Cassazione Sezione 3 Civile Sentenza del 25 settembre 2009, n. 20666

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Bi.Il. e Lu. , Pi. e Or.Do. convenivano, davanti al tribunale di Roma, Sa.An. e la Ti. As. e. Ri. , il primo quale conducente e proprietario dell'autovettura Alfetta 2000 e la seconda quale societa' assicuratrice, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti per la morte del rispettivo coniuge e padre Or. Al. , avvenuta il (OMESSO), a seguito di un investimento pedonale verificatosi tre giorni prima.

I convenuti, costituitisi, contestavano che alcuna responsabilita', per l'investimento, poteva essere imputata al Sa. , il quale era stato anche assolto dal reato di omicidio colposo ascrittogli perche' il fatto non costituisce reato, ai sensi dell'articolo 530 cpv. c.p.p..

Il tribunale, con sentenza del 24.11.1998, dichiarava il paritario concorso di colpa della vittima nella causazione dell'incidente, condannando in solido i convenuti al risarcimento dei danni, per tale frazione, dovuti.

Proponeva appello la Co. di. as. contestando, in particolare, l'erronea liquidazione del danno morale e l'eccessiva entita' del tasso di interesse utilizzato dal primo giudice.

Si costituivano gli appellati che proponevano, anche, appello incidentale.

Restava contumace il Sa. .

La Corte d'Appello, in parziale riforma della sentenza impugnata, accoglieva, per quanto di ragione gli appelli proposti dichiarando che l'investimento pedonale era dovuto a colpa esclusiva del Sa. , condannando in solido l'appellante principale ed il Sa. al risarcimento dei danni nella misura indicata.

Dichiarava, poi, Bi.Il. tenuta a rimborsare alla Co. di. As. "l'eccedenza delle somme a lei corrisposte in forza della sentenza di primo grado rispetto a quelle complessivamente spettanti alla stessa Bi. in virtu' della presente decisione con gli interessi legali dal 30/3/99 al soddisfo".

Ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi illustrati da memoria, la Mo. As. Da. spa, gia' Ti. Co. It. di. As. e. Ri. spa.

Resistono con controricorso Bi.Il. e Lu. , Pi. e Or.Do. , i quali hanno anche proposto ricorso incidentale affidato a tre motivi.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorsi, principale ed incidentale, ai sensi dell'articolo 335 c.p.c..

Va disattesa l'eccezione sollevata dagli odierni resistenti e ricorrenti incidentali, di inammissibilita' ed improponibilita' del ricorso per cassazione per nullita' della notificazione, ai sensi dell'articolo 160 c.p.c., perche' eseguita presso l'avv. Maurizio Gabrielli e non presso il domicilio eletto dagli Or. presso l'avv. Napoletano, costituito nel giudizio di appello.

La notificazione del ricorso in cassazione non eseguita al proprio difensore ritualmente costituito nel precedente grado determina, infatti, la nullita', non dell'impugnazione in senso sostanziale, bensi' della notifica, che, pertanto, e' sanata con effetto ex tunc per raggiungimento dello scopo - ai sensi dell'articolo 156 c.p.c., comma 3, - sia mediante la sua rinnovazione, sia - come nella specie - mediante la costituzione in giudizio dell'intimato, anche se dopo la scadenza del termine per proporre controricorso, ed anche se effettuata al solo fine di eccepire la nullita' (Cass. 11.6.2007 n. 13650; v. anche Cass. 19.5.2005 n. 15190) Ricorso principale Con il primo motivo i ricorrenti principali denunciano la violazione e falsa applicazione dell'articolo 652 c.p.p., articolo 2059 c.c. e articolo 185 c.p. che ha condotto i Giudici dei precedenti gradi di giudizio a ritenere dovuto agli eredi del Sig. Or. Al. il risarcimento del danno morale ex articolo 360 c.p.c., n. 3.

Con il secondo motivo denunciano la violazione e falsa applicazione dell'articolo 2054 c.c., comma 1 e articolo 652 c.p.p., che ha condotto la Corte d'Appello di Roma a ritenere la esclusiva responsabilita' del Sa. nel sinistro per cui e' causa, ex articolo 360 c.p.c., n. 3.

Con il terzo motivo denunciano la contraddittoria motivazione sulle circostanze di fatto e di diritto che hanno condotto la Corte d'Appello a ritenere la esclusiva responsabilita' del sig. Sa. nel sinistro per cui e' causa, ex articolo 360 c.p.c., n. 5.

I tre motivi, per l'intima connessione delle censure con gli stessi avanzate, possono essere esaminati congiuntamente.

Essi non sono fondati.

In primo luogo, deve ribadirsi che alla risarcibilita' del danno non patrimoniale - ai sensi dell'articolo 2059 c.c. e articolo 185 c.p. - non osta il mancato, positivo accertamento della colpa dell'autore del danno se essa, come nel caso di cui all'articolo 2054 c.c. debba ritenersi sussistente in base ad una presunzione di legge e se, ricorrendo la colpa, il fatto sarebbe qualificabile come reato (Cass. 12.5.2003 n. 7293; Cass. 21.7.2004 n. 13585; Cass. 23.3.2005 n. 6119).

Prive di consistenza, pertanto, appaiono le censure della ricorrente che afferma non essere dovuto, nella specie, il risarcimento dei danni morali - ai sensi dell'articolo 2059 c.c. e articolo 185 c.p. - per essersi concluso il processo penale nei confronti del Sa. , perche' il fatto non costituisce reato.

L'accertamento contenuto nella sentenza penale irrevocabile di assoluzione, pronunciata perche' il fatto non costituisce reato - come nella specie -, infatti, non ha efficacia di giudicato, ai sensi dell'articolo 652 c.p.p., nel giudizio civile di danno.

In questo caso, compete al giudice il potere di accertare autonomamente, con pienezza di cognizione, i fatti dedotti in giudizio, e di pervenire a soluzioni e qualificazioni non vincolate all'esito del processo penale (v. anche Cass. 14.2.2006 n. 3193).

Ed e' cio' che ha fatto la Corte di merito che, all'esito dell'autonomo accertamento effettuato, sulla base delle risultanze istruttorie, e' pervenuta ad affermare, nel caso concreto, l'applicabilita' dell'articolo 2054 c.c., comma 1, riconoscendo che non era stata raggiunta la prova liberatoria che avrebbe potuto esimere il conducente del veicolo investitore dall'obbligo di risarcire il danno prodotto con l'investimento del pedone.

Ne' puo' convenirsi con la ricorrente principale che la motivazione adottata dalla Corte di merito sia contraddittoria.

A tal fine deve sottolinearsi, in primo luogo, che sotto l'apparente vizio di motivazione, in realta' la ricorrente principale richiede una "rivisitazione" delle risultanze probatorie che spetta esclusivamente al giudice di merito.

Il vizio di omessa, errata o contraddittoria motivazione, deducibile in sede di legittimita', infatti, non conferisce alla Corte di cassazione il potere di esaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sul piano logico-formale e della correttezza giuridica, l'esame e la valutazione fatta dal giudice del merito.

Soltanto a quest'ultimo - come gia' detto - spetta individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (v. per tutte Cass. 12.7.2007 n. 15604).

Il vizio di motivazione, pertanto, sussiste solo se nel ragionamento del giudice del merito, quale risulti dalla sentenza, sia riscontrabile il deficiente esame di punti decisivi della controversia e non puo', invece, consistere in un apprezzamento in senso difforme da quello preteso dalla parte. (v. anche Cass. 6.3.2006 n. 4770).

Nella specie, nessuno degli indicati presupposti ricorre nella motivazione adottata dalla Corte di merito che, dopo avere vagliato le risultanze probatorie, evidenziando, all'esito della loro disamina, che la carenza di elementi probatori di segno contrario, finalizzati a dimostrare l'adozione, da parte del conducente del veicolo investitore, di tutte le manovre e cautele necessarie ad evitare l'ostacolo, lasciavano ritenere che non fosse stata raggiunta la prova liberatoria di cui all'articolo 2054 c.c., comma 1.

Nessuna contraddittorieta', nella motivazione adottata, puo' essere imputata alla Corte di merito, la quale ha riconosciuto l'esclusiva responsabilita' del Sa. , non in contrasto con gli elementi di fatto acquisiti, ma come logica conseguenza degli stessi. Ed ha concluso che, in mancanza di prove che consentissero di escludere l'imputabilita' dell'evento al Sa. e di prove che dimostrassero la responsabilita' certa del pedone, al primo doveva imputarsi l'evento per non avere dimostrato di avere fatto il possibile per evitare il prodursi del fatto lesivo (v. anche Cass. 28.11.2007 n. 24745).

Ricorso incidentale.

Preliminarmente va dichiarata l'inammissibilita' del deposito della documentazione (bollettino ed estratto Inps relativo a pensione) effettuata dagli odierni resistenti in questa sede a sostegno del ricorso incidentale, perche' irrituale.

Infatti, nel giudizio davanti alla Corte di cassazione, ai sensi dell'articolo 372 c.p.c., non e' ammesso il deposito di atti e documenti non prodotti nei precedenti gradi del processo, salvo che non riguardino l'ammissibilita' del ricorso e del controricorso, ovvero la nullita' della sentenza impugnata (v. anche S.U. 23.12.2005 n. 28505).

I documenti, depositati in questa sede, non risultano essere stati prodotti nei gradi di merito, e non essendo relativi a questioni riguardanti l'ammissibilita' del ricorso e del controricorso, ovvero la nullita' della sentenza impugnata non ne e' consentita la produzione.

Con il primo motivo i ricorrenti incidentali denunciano la violazione e falsa applicazione degli articoli 1226 e 2043 c.c., della Legge n. 903 del 1965, articolo 22 e della Legge n. 368 del 1983, articolo 6, in relazione al mancato riconoscimento dei danni patrimoniali in favore della sig.ra Bi. Il. .

Il motivo, non e' fondato.

La Corte di merito ha ritenuto, sulla base delle risultanze documentali acquisite agli atti, che non ricorressero le condizioni per il riconoscimento del diritto al risarcimento dei danni patrimoniali all'odierna resistente Bi. .

E, sul presupposto che la vittima era titolare esclusivamente di redditi da pensione, come indicati, ha cosi' motivato: "In tale situazione, se si tiene conto che presumibilmente l' Or. - secondo dati di comune esperienza - destinava e avrebbe continuato a destinare alle esigenze degli altri componenti del suo nucleo familiare mediamente i 2/3 del proprio trattamento pensionistico (vale a dire un importo sostanzialmente corrispondente alla parte di detto trattamento residuata a titolo di reversibilita' in favore della vedova), deve rilevarsi che nella specie non risultano essere stati addotti rigorosi elementi di prova, sia pure presuntiva, a sostegno del prospettato decremento significativo delle capacita' reddituali del nucleo familiare superstite".

E, su tale base, ha escluso la riconoscibilita' dei danni patrimoniali all'odierna ricorrente incidentale.

Trattasi di valutazione in fatto, adeguatamente e correttamente motivata, come tale non sindacabile in sede di legittimita'.

Con il secondo motivo denunciano la violazione e falsa applicazione dell'articolo 345 c.p.c., comma 3, della L.S. 26 novembre 1990, n. 353, articolo 52 ed omessa motivazione ex articolo 360 c.p.c., comma 5 (rectius n. 5) in relazione alla mancata autorizzazione al deposito di nuovi documenti in favore della sig.ra Bi. Il. .

Il motivo e' inammissibile sotto piu' profili; e, comunque, infondato.

In primo luogo, i ricorrenti incidentali non indicano in quale o quali atti del giudizio di secondo grado avrebbero richiesto l'autorizzazione al deposito dei documenti dei quali in questa sede lamentano la mancata concessione, con cio' violando il disposto dell'articolo 366 c.p.c., n. 6.

Sotto questo profilo, quindi, il motivo e' inammissibile (S.U. 2.12.2008 n. 28547).

Ancora, l'inammissibilita' discende anche dalla violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione.

Di tali documenti non e', infatti, riprodotto, in ricorso, il contenuto (v. anche Cass. 27.2.2009 n. 4849).

Da ultimo, l'infondatezza discende dal fatto che, non risultando alcuna richiesta di autorizzazione, la Corte di merito non aveva alcun obbligo di motivare le ragioni della mancata autorizzazione.

Ne' alcuna valutazione di indispensabilita', a fronte della mancata richiesta della parte, era tenuta ad effettuare (S.U. 23.12.2005 n. 28505; Cass. 26.6.2007 n. 14766).

Con il terzo motivo denunciano la violazione e falsa applicazione degli articoli 2, 29 e 30 Cost. della Repubblica, degli articoli 1226 e 2059 c.c., ex articolo 360 c.p.c., comma 3 in relazione al mancato riconoscimento del danno conseguente alla lesione del rapporto parentale degli eredi.

Il motivo e' inammissibile sotto piu' profili.

In primo luogo, deve rilevarsi che si tratta di questione nuova, non proposta nel precedente giudizio, come tale non proponibile, per la prima volta, in sede di legittimita'.

Peraltro, trattandosi di questione giuridica, che implica un accertamento di fatto, i ricorrenti incidentali, proponendo detta questione in sede di legittimita', avrebbero avuto anche l'onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilita' per novita' della censura, non solo di allegare l'avvenuta deduzione della questione davanti al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo avessero fatto, al fine di consentire alla Corte di Cassazione di controllare ex actis la veridicita' di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa (v. anche Cass. 28.7.2008 n. 20518).

Cio' che, nella specie, non e' avvenuto.

Ulteriore profilo, questa volta di infondatezza, e' il seguente.

Come le S.U. della Corte di Cassazione hanno avuto modo di affermare con la sentenza 11.11.2008 n. 26972, la perdita di una persona cara implica necessariamente una sofferenza morale, la quale non costituisce un danno autonomo, ma rappresenta un aspetto - del quale tenere conto, unitamente a tutte le altre conseguenze, nella liquidazione unitaria ed omnicomprensiva - del danno non patrimoniale.

Ne consegue che e' inammissibile, costituendo una duplicazione risarcitoria, la congiunta attribuzione come si richiederebbe nel caso in esame -, al prossimo congiunto di persona deceduta in conseguenza di un fatto illecito costituente reato, del risarcimento a titolo di danno da perdita del rapporto parentale e del danno morale, inteso quale sofferenza soggettiva, costituente, in realta', soltanto un aspetto del piu' generale danno non patrimoniale (v. anche Cass. 28.11.2008 n. 28423).

Conclusivamente, entrambi i ricorsi - principale ed incidentale - vanno rigettati.

La reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle spese fra le parti.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa le spese.