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Concorso di colpa del danneggiato - Art. 1227, primo comma, cod. civ. - Responsabilità di cose in custodia - Ravvisabilità -

Risarcimento del danno - Concorso di colpa del danneggiato - Art. 1227, primo comma, cod. civ. - Responsabilità di cose in custodia - Ravvisabilità - Sussistenza - Eccezione in senso proprio - Esclusione - Semplice difesa - Rilevabilità d'ufficio anche in grado d'appello - L'ipotesi del concorso di colpa del danneggiato di cui all'art. 1227, primo comma, cod. civ. - la quale è astrattamente ravvisabile anche in caso di responsabilità per cose in custodia - non concretando un'eccezione in senso proprio, ma una semplice difesa, dev'essere esaminata e verificata dal giudice anche d'ufficio, attraverso le opportune indagini sull'eventuale sussistenza della colpa del danneggiato e sulla quantificazione dell'incidenza causale dell'accertata negligenza nella produzione dell'evento dannoso, indipendentemente dalle argomentazioni e richieste formulate dalla parte; pertanto, anche il giudice d'appello può valutare d'ufficio tale concorso di colpa nel caso in cui il danneggiante si limiti a contestare in toto la propria responsabilità. Corte di Cassazione, Sez. 3, Sentenza n. 6529 del 22/03/2011

Risarcimento del danno - Concorso di colpa del danneggiato - Art. 1227, primo comma, cod. civ. - Responsabilità di cose in custodia - Ravvisabilità - Sussistenza - Eccezione in senso proprio - Esclusione - Semplice difesa - Rilevabilità d'ufficio anche in grado d'appello - L'ipotesi del concorso di colpa del danneggiato di cui all'art. 1227, primo comma, cod. civ. - la quale è astrattamente ravvisabile anche in caso di responsabilità per cose in custodia - non concretando un'eccezione in senso proprio, ma una semplice difesa, dev'essere esaminata e verificata dal giudice anche d'ufficio, attraverso le opportune indagini sull'eventuale sussistenza della colpa del danneggiato e sulla quantificazione dell'incidenza causale dell'accertata negligenza nella produzione dell'evento dannoso, indipendentemente dalle argomentazioni e richieste formulate dalla parte; pertanto, anche il giudice d'appello può valutare d'ufficio tale concorso di colpa nel caso in cui il danneggiante si limiti a contestare "in toto" la propria responsabilità. Corte di Cassazione,  Sez. 3, Sentenza n. 6529 del 22/03/2011

Corte di Cassazione,  Sez. 3, Sentenza n. 6529 del 22/03/2011


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata il 15.9.1994, Bruno Sc.. e Cipollone Luana, quali genitori del minore Milos Sc.. convenivano davanti al tribunale di Pescara il Condominio "Di Gi.." di quella città per sentirlo condannare al risarcimento dei danni alla persona subiti dal minore a seguito della rottura del vetro della porta di ingresso del condominio, caduta addosso al ragazzo. Il Condominio chiamava in causa la propria Assicuratrice, per essere manlevata.


Il Tribunale accoglieva la domanda e condannava il Condominio a pagare la somma di Euro 117.945,00 e l'Assicuratrice a rivalerlo. Proponeva appello il Condominio.

La corte di appello di L'Aquila, con sentenza depositata il 11.11.2005, in parziale accoglimento dell'appello, ritenuto il concorso di colpa del ragazzo nella misura di un terzo per aver urtato il vetro per evitare la chiusura del portone, mentre rincorreva una coetanea, condannava il Condominio al pagamento nei confronti di Milos Sc.. della somma di Euro 78.630,03, oltre rivalutazione ed interessi e confermava la statuizione di condanna dell'assicuratrice AXA s.p.a. a rivalere il condominio. Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione Sc..a Milos, che ha presentato memoria.

Resistono con controricorso il Condominio e l'Axa Assicurazioni.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione dell'art 112 c.p.c. e degli artt. 342 e 99 c.p.c., nonché di ogni norma in tema di proposizione di appello sulla scorta di motivi specifici e la nullità della sentenza e del procedimento, ex art. 360 c.p.c., n. 4.

Ritiene il ricorrente che il giudice di appello, in violazione delle norme suddette, ha deciso la fattispecie applicando la disciplina dell'art. 2043 c.c., mentre la decisione in primo grado era stata effettuata a norma dell'art. 2051 c.c. e che al giudice di appello non era stato richiesto un inquadramento della questione sotto la norma di cui all'art. 2043 c.c..

2. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta l'erronea interpretazione dell'atto di appello, la violazione degli artt. 342 e 99 c.p.c. e art. 1362 e segg., nonché di ogni altra norma in tema di interpretazione di atti processuali ed il vizio motivazionale in relazione a detta interpretazione, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Assume il ricorrente che erroneamente la sentenza impugnata ha ritenuto che l'appellante avesse lamentato l'applicabilità dell'art. 2051 c.c., in luogo di quella dell'art. 2043 c.c., mentre era stata censurata solo la ritenuta esistenza dei presupposti di fatto e di diritto di cui all'art. 2051 c.c..

3. Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente lamenta l'omessa ed insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto controverso, poiché ha affermato l'esistenza di un concorso colposo del danneggiato, mentre nella fattispecie di cui all'art. 2051 poteva solo accertare l'esistenza o inesistenza di un caso fortuito.

4. Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione ed erronea applicazione degli artt. 2051 e 1227 c.c. in quanto, accertata la responsabilità per cose in custodia, non potevano rilevarsi concause ex art. 1227 c.c..

5. I motivi, essendo connessi vanno esaminati congiuntamente. Essi sono infondati.
Anzitutto, effettuando una corretta interpretazione della sentenza impugnata, rileva questa Corte che non vi sono elementi per poter ritenere che la corte di merito abbia sostituito alla responsabilità accertata dal primo giudice ex art. 2051 c.c., per cosa in custodia, una responsabilità del condominio convenuto ex art. 2043 c.c., in violazione dell'art. 112 c.p.c., tenuto conto di quanto richiesto con l'appello.

È vero che con l'appello il condominio aveva richiesto che fosse esclusa la sua responsabilità da custodia ex art. 2051 c.c.. Sennonché la corte di appello, nell'affermare la responsabilità del condominio, sia pure concorrente sotto il profilo eziologico con il comportamento colposo del danneggiato, non ha ritenuto che non si trattasse di responsabilità da custodia.

Non vi è ragione alcuna per ritenere che la corte di appello abbia sostituito al titolo di responsabilità affermato in primo grado un titolo diverso. Il giudice di 2^ grado si è solo limitato a ritenere che l'eziologia del fatto dannoso trovasse causa non solo nel comportamento del convenuto condominio, ma anche in quello della parte offesa.

6.1. Per chiarire l'errore in cui incorre il ricorrente occorre rilevare due questioni.
Anzitutto nell'accertamento dell'eziologia dell'evento dannoso il giudice può d'ufficio accertare che ad essa ha concorso il comportamento danneggiato. L'ipotesi del concorso di colpa del danneggiato di cui all'art. 1227 c.c., comma 1, non concretando un'eccezione in senso proprio ma una semplice difesa, dev'essere esaminata e verificata dal giudice anche d'ufficio, attraverso le opportune indagini sull'eventuale sussistenza della colpa del danneggiato e sulla quantificazione dell'incidenza causale dell'accertata negligenza nella produzione dell'evento dannoso, indipendentemente dalle argomentazioni e richieste della parte (Cass. 20/08/2009, n. 18544, mentre l'ipotesi di cui all'art. 1227 c.c., comma 2, non è rilevabile d'ufficio). Ciò comporta che anche il giudice d'appello può valutare d'ufficio il concorso di colpa del danneggiato, nel caso in cui il danneggiante si limiti a contestare "in toto" la propria responsabilità.

6.2. Inoltre, contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente, l'ipotesi del concorso colposo del danneggiato è astrattamente ravvisabile anche nell'ipotesi di responsabilità di cosa in custodia e non solamente nell'ipotesi della Generalklausel di cui all'art. 2043 c.c..

La responsabilità per i danni cagionati da una cosa in custodia ex art. 2051 cod. civ. si fonda non su un comportamento od un'attività del custode, ma su una relazione intercorrente tra questi e la cosa dannosa e, poiché il limite della responsabilità risiede nell'intervento di un fattore, il caso fortuito, che attiene non ad un comportamento del responsabile ma alle modalità di causazione del danno, si deve ritenere che, in tema di ripartizione dell'onere della prova, all'attore compete provare l'esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l'evento lesivo, mentre il convenuto, per liberarsi, dovrà provare l'esistenza di un fattore, estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale e, cioè, un fattore esterno (che può essere anche il fatto di un terzo o dello stesso danneggiato) che presenti i caratteri del fortuito e, quindi, dell'imprevedibilità e dell'eccezionaiità.

Peraltro, quando il comportamento colposo del danneggiato non è idoneo da solo ad interrompere il nesso eziologico tra la causa del danno, costituita dalla cosa in custodia, ed il danno, esso può, tuttavia, integrare un concorso colposo ai sensi dell'art. 1227 c.c., comma 1 con conseguente diminuzione della responsabilità del danneggiante secondo l'incidenza della colpa del danneggiato (Cass. 08/05/2008, n. 11227; Cass. 06/07/2006, n. 15384).

6.3. Allorché il fattore esterno, costituito dal comportamento colposo del danneggiato, è stato da solo idoneo a causare il danno, viene meno il nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno (caso fortuito del fatto del danneggiato).

Il nesso eziologico tra la cosa in custodia ed il danno viene meno anche in caso di straordinarietà o eccezionaiità del comportamento del danneggiato per i principi della ed. "causalità adeguata" o della "regolarità causale", che presiedono al collegamento causale tra condotta ed evento dannoso (Cass. 6.3.1997, n. 2009; Cass. 10.11.1993, n. 11087; Cass. S.U. 11.1.2008, n. 581). Se invece il comportamento colposo del danneggiato nella fattispecie concreta non è idoneo da solo ad interrompere il nesso eziologico tra la causa del danno, costituita dalla cosa in custodia, ed il danno, esso può anche integrare il concorso colposo del danneggiante nella produzione del danno ai fini dell'art. 1227 c.c., comma 1. Non si può, cioè, sostenere che detto comportamento colposo del danneggiante, integrante fortuito, è rilevante nella fattispecie solo se raggiunge un grado tale da costituire causa esclusiva del danno stesso.

Potrebbe, infatti, in concreto, limitarsi ad un livello, per così dire, più basso, integrando in questo caso il fatto colposo concorrente del danneggiante nella produzione dell'evento dannoso (art. 1227 e 2056 c.c.). Non vi è ragione in questa ipotesi di escludere, con riferimento all'art. 2051 c.c., l'applicabilità dell'art. 1227 c.c., comma 1.

L'art. 1227 c.c., comma 1, a norma del quale, quando vi è concorso di colpa del danneggiato, la responsabilità del danneggiante è diminuita secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate, sì applica anche nei casi di responsabilità oggettiva del custode perché è espressione del principio che esclude la possibilità di considerare danno risarcibile quello che ciascuno procura a se stesso. (Cass. 20/07/2002, n. 10641; Cass. 26 aprile 1994, n. 3957; Cass. 7 giugno 2000, n. 7727).

7. In tema di risarcimento del danno, l'accertamento dei presupposti per l'applicabilità della disciplina di cui all'art. 1227 c.c., comma 1, nonché l'accertamento dell'entità percentuale di tale concorso colposo, integra indagine di fatto, come tale riservata al giudice di merito e sottratta al sindacato di legittimità, se sorretta da congrua motivazione. (Cass. 05/07/2007, n. 15231; Cass. 08/04/2003, n. 5511).

Nella fattispecie è immune da censure rilevabili in questa sede di sindacato di legittimità la motivazione dell'impugnata sentenza che ha accertato il predetto concorso del danneggiato, fissandolo nella misura di un terzo.

8. Esistono giusti motivi (segnatamente il contrasto tra le decisioni di merito sull'esistenza del concorso del danneggiato), per compensare tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio di cassazione. Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2011.
Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2011

 

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